“Sant’Antonio”! Chiedigli il perché e ti dirà “Non c’è un perché!”
Chiedi ad un villacchiano quale sia la festa del paese che preferisce e al 99,99% ti dirà “Sant’Antonio”! Chiedigli il perché e ti dirà “Non c’è un perché!”
È difficile spiegare il significato della festa in onore di Sant’Antonio Abate. È difficile tradurre in parole le emozioni che suscita, i sentimenti che si provano.
Quello che possiamo fare è cercare di spiegare come nasce il culto, come si evolve, i tratti caratteristici che ancora oggi vengono riproposti, le tappe fondamentali di una festa ultracentenaria.
12 – 17 gennaio..inizia la festa!
Dal 12 al 17 gennaio di ogni anno hanno luogo i festeggiamenti in onore del Santo protettore del fuoco e degli animali, attraverso una serie di rituali a tratti magici.
La lmmosna, i canti, gli animali, il fuoco, la S’gnora, le pupazze, i miracoli, il carnevale..tanti simboli, tanti riti, tanti partecipanti. Ognuno con il suo ruolo, all’interno di un grande rito collettivo che culmina nella Panarda[1].
La Panarda, una grande cena che può avere anche più di 50 portate, è legata alla famiglia dei Serafini: Mariano Serafini, proprietario terriero, doveva provvedere a raccogliere il grano ma non riusciva a trovare mietitori, tanto da affermare, disperato, che pur di raccogliere avrebbe fatto svolgere il lavoro anche al diavolo! Improvvisamente, si trovò davanti alcuni ragazzi che si offrirono per raccogliere il grano. Mariano, finalmente tranquillo, decise di offrire il pranzo ai lavoratori che accettarono ponendo però una condizione: nel cibo non dovevano mettere il sale. Purtroppo, Mariano dimenticò di riferire alla moglie la richiesta dei lavoratori e la donna preparò il cibo come suo solito. Prima di iniziare a mangiare, uno dei lavoratori chiese alla donna se nel cibo ci fosse il sale ma la donna nel sentire quelle parole esclamò: “Oh Gesù, Giuseppe e Maria chi mangerebbe senza sale?”. Udite quelle parole, gli uomini cominciarono a correre, lasciando sul terreno strane impronte, come se fossero capre, e in quel momento Mariano e la moglie capirono che era il diavolo.
La donna invocò subito Sant’Antonio Abate affinché li liberasse dal demonio e gli promise, come elemosina da ripetere ogni anno per tutti gli anni futuri, il cibo che aveva preparato per i lavoratori.
I Pgnatun, la famiglia Bianchi, promise invece al Santo la Favata: la tradizione vuole che una donna, uscendo per recarsi alla fontana a prendere l’acqua, lasciò la porta di casa aperta. Rientrando a casa la donna si accorse che era tutto sopra e che il suo bambino non era più nella culla; uscì di casa urlando e una volta in strada vide il lupo che si allontanava con il bimbo, trattenendolo con i denti.
La donna urlando invocò l’aiuto di Sant’Antonio Abate, promettendogli le Fava a fuoco, ogni anno in suo onore; il lupo, allora, lasciò a terra il bimbo e corse via. Ancora oggi, le famiglie discendenti, onorano il voto distribuendo la mattina del 17 gennaio ma anche nei giorni immediatamente precedenti, l’fava a foc ch la panetta (fave cotto con un particolare pane che nell’impasto prevede le uova).
[1]”Villavallelonga segreta”, pg. 129, L. Palozzi, Edizioni centro studi ITA. L.I., 2019