Profilo geografico

Villavallelonga, in provincia di L’Aquila, è un Comune d’Italia della Regione Abruzzo, situato a 1005 metri sul livello del mare, al margine sinistro dell’ampia Vallelonga del torrente (già Carnello ed ora fossato) di Rosa, che scende dal Parco Nazionale d’Abruzzo e si immette nella piana (già lago) del Fucino.
Il suo territorio si sviluppa nella parte sud-orientale della Marsica, che non costituisce un’unità amministrativa, ma resta uno dei nomi etnici più caratteristici e persistenti dell’Abruzzo. Occupa la parte più montagnosa della Vallelonga, che si insinua, a guisa di cuneo, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo ed ha un’estensione di 7344 ettari, con un dislivello da un’altitudine di m. 916 a m. 2003 di Monte Cornacchia che ha segnato il confine di tre antiche province (Terra di Lavoro, Abruzzo Citeriore e Abruzzo Ulteriore 2° di cui faceva parte).
La posizione geografica risulta conchiusa dalle estreme propaggini di due lunghe catene montuose, ardue ed impervie, le quali, divergendo, delimitano la Vallelonga, sbarrandola su tre fronti: a sud-ovest con la Serra Lunga, Monte Breccioso, Monte Cornacchia e Tre Confini; a sud-est, punto di incontro delle due catene, con l’Aceretta e Monte delle Vitelle; a nord-est, con Monte Marcolano, Monte Maiuri, Monte Fontecchia e Punta Ara dei Merli.
Nell’unica direzione libera a nord-ovest, il fondovalle era sbarrato delle acque fucensi fino al 1875, data del prosciugamento definitivo e completo del Lago di Fucino, per cui la Vallelonga (anticamente Valle Transaquas = al di là delle acque) ha vissuto in un naturale isolamento, accentuato fino al secolo scorso dalla mancanza di vie carrozzabili e dalla interruzione dei sentieri di montagna (a causa delle forti nevicate che impedivano le traversate e bloccavano le comunicazioni nel periodo invernale).
Questa particolare configurazione geografica permette ai Monti della Vallelonga di dirimere le acque pluviali tanto per l’Adriatico, con il bacino del Sangro a nord-est, quanto per il Tirreno con il bacino del Liri a nord-ovest e sui versanti interni. Il Febonio nella sua storia dei Marsi, pubblicata in latino nel 1678, dopo la descrizione fisica dell’accesso alla Valle Roveto, indica le caratteristiche della Vallelonga.
L’autore marsicano afferma che la Valle Roveto «è divisa per tutta la lunghezza da una Valle (longa), la quale, traendo origine dalla parte orientale dove il sole si alza d’inverno, ha su di sé dei monti assai estesi che, partendo dalla stretta gola dell’Aceretta, dividono i Marsi dal Volsci al di sopra della Valle di Collelongo; ma, quando la Valle discende, si allarga con pari distanza, assumendo una forma triangolare allungata, se dall’angolo più alto si volge lo sguardo alla base che si estende da Trasacco alla Valle di Candelecchia ».  Nella descrizione dei torrenti, alimentati dallo sciogliersi delle nevi, il Febonio segnala particolarmente (praecipuus) il torrente Carnello, ora fossato di Rosa, che bagnava la Vallelonga e inondava il piano tra Luco e Trasacco, in contrada denominata “Cornello”.
Per quanto riguarda le acque sorgenti, l’abate trasaccano rileva numerose voragini d’accesso formatesi in seguito al terremoto del 1655, che avrebbe provocato lo sconvolgimento del terreno. Al riguardo precisa che la fuoriuscita delle acque nella Valle di Arciprete è provocata dalle acque del fiume Cornelium, le quali scorrono attraverso condotti sotterranei posti nella cavità dei monti; inoltre, in una piccola voragine presso l’Aceretta, le acque gorgogliano e se ne sente anche lo scorrimento sotterraneo, ma nei pressi di Amplero, dopo il Monte Carbonaro e prima delle Cerreta, queste acque fuoriescono e vengono allontanate con preghiere al fine di evitare i dannosi allagamenti delle terre coltivate.
Dal punto di vista geologico, i corrugamenti montuosi sono stati determinati da uno scontro titanico di masse. In una fase successiva di rottura dei sistemi di equilibrio e delle tensioni interne, si sono create le faglie corrispondenti alle vallate della Vallelonga, di Lecce dei Marsi, del Giovenco e della parte orientale che è responsabile dello sprofondamento tettonico della Conca Fucense.
Nella fase di compressione, seguita allo scontro titanico, sono sorte alcune scaglie etrusche come il Colle Quaresima, sul quale è stato edificato l’abitato di Villavallelonga (analogo all’abitato di Opi) e il Colle Pardo, la cui scaglia è tagliata trasversalmente prima di giungere ai Prati di Angro. Fra la Valle Roveto (del Liri), la Vallelonga, la Valle del Giovenco e la Valle del Sagittario si sono avuti quattro piani di frattura passanti lungo le dette valli, a seguito delle azioni orogenetiche sulle potentissime pile di strati calcarei che hanno offerto grande resistenza ai piegamenti.
In particolare, la linea di frattura della Vallelonga si desume dal fatto che, mentre lungo le falde dei monti che si innalzano sulla sponda destra affiorano i calcari a Toucasia, con una stratificazione pendente a nord-est, nelle falde dei monti, che stanno sull’opposta sponda, affiorano soltanto i superiori calcari a rudiste con strati pendenti nel medesimo senso, cosìcché sembra che questi ultimi vadano a sottoporsi a quelli, dando luogo a quel fenomeno geologico che si osserva con il rialzamento di un terreno più antico rispetto ad un altro più recente. La schiena dei monti compresa fra la Vallelonga e quella del Giovenco, che scende al Fucino, è composta di calcarei cretacei e presenta ancora avanzi di consistenti muraglioni poligoni sui dirupi, mentre la schiena di divisione con la Valle del Liri presenta numerosi depositi detritici. Quest’ultima dorsale spartiacque rappresenta l’unica notevole interruzione della chiostra montuosa rinserrante la Marsica, attraverso la quale si raggiunge Napoli. Nel 1115 il pontefice Pasquale II vi fece passare il confine della Diocesi dei Marsi «per serram de Vivo, per serram de Troja, inde ad Pesculum Canalis».
Con tutta probabilità la designazione della Serra Longa (da più serre disposte in lunghezza) trae origine dall’indicazione di quei confini e, così, sarà derivata anche la denominazione di Collelongo, della Vallelonga e di Villavallelonga.
Una conferma si ricava da più documenti dell’Archivio di Montecassino, che nello scorcio del primo millennio chiamano questi stessi monti la «Longagna» (lunga montagna).
L’orografia attuale, formatasi in varie glaciazioni e con l’apporto di fenomeni sismici e vulcanici, presenta bellissimi circhi glaciali nella parte superiore delle creste. Questi paesaggi glaciali sono meglio conservati sul Monte Marcolano, una cima che è caratterizzata da una serie di circhi glaciali con alla base cordoni morenici non eccessivamente sviluppati e in gran parte coperti di vegetazione.
Sul versante opposto sono visibili i circhi semplici della Cresta Balzo di Giotto-Monte Serrone, della Cresta Balzo Tre Confini e del Rifugio di Jorio, che delimitano la Valle Celano, Portella e Valcallano. Sul versante orientale si osservano paesaggi e morfologie carsiche a Prato Maiuri, Monte Fontecchia, Monna della Rapanella e Ara dei Merli.
Questa zona, coperta da terrarossa e da bosco, non ha la tradizionale morfologia carsica, in quanto non si presenta come petraia brulla e priva di vegetazione, ma rivela caratteristiche particolari conferite dalla copertura vegetale e boschiva, fitta e rigogliosa. Nella Vallelonga si sono formati numerosi “ciottoli”, la cui conformazione ha subìto e subisce il modellamento delle acque scorrenti che li hanno rotolati nei corsi torrentizi.
Il regime delle acque ha cooperato alla demolizione dei rilievi ed è stato caratterizzato da due periodi di piena: uno assai marcato e spesso rovinoso verso la fine dell’inverno, in coincidenza con le precipitazioni della primavera e con lo sciogliersi delle nevi; l’altro, meno accentuato, dal novembre al dicembre. Le zone più sottoposte a questi modellamenti (v. la Valle del Fossato) sono anche le più ricche di fossili, specialmente di piante e di animali, che sono rimasti sepolti in strati terrestri anteriori all’attuale periodo geologico.
Tratto dal libro “Storia di Villavallelonga”  del prof. Leucio Palozzi